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13 Marzo 2017 Il team di ProntoPannolino Consigli, Dalla redazione

Sindrome del bambino scosso: cos’è e perché può avere conseguenze fatali sui piccoli?

Durante la metà degli anni 90 negli Stati Uniti è stato portato avanti un progetto di sensibilizzazione rivolto ai genitori di neonati e bambini, dal nome “Don’t shake the baby” (“Non scuotere il bambino”). Ma perché dedicare un’intera campagna di informazione a un consiglio che sembra – in apparenza – così banale?

Semplicemente perché così banale non è: nelle prime settimane e nei primi mesi di vita, un bambino può spesso piangere in una maniera quasi inconsolabile, apparentemente senza motivo: non è raro che i genitori – provati dalla stanchezza dei primi tempi – dopo innumerevoli tentativi per cercare di calmare il piccolo in lacrime si lascino prendere dalla frustrazione e dall’esasperazione, scuotendo il bimbo avanti e indietro (per poi pentirsene immediatamente).

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Non solo questa azione non ha, ovviamente, nessun effetto calmante sui bambini, ma nei piccoli sotto l’anno può portare a conseguenze gravissime, tanto che vi è un insieme di ripercussioni fisiche che si presentano come risultato di uno scuotimento che ha preso il nome di “Sindrome del bambino scosso” (SBS).

Di cosa si tratta esattamente? Quando un bimbo presenta un insieme di sintomi (che vanno dalle ferite alla testa a danni neurologici lievi, gravi o fatali) che possono essere ricondotti a uno scuotimento violento (non necessariamente contro una superficie, è sufficiente scuoterlo avanti e indietro tenendolo in braccio), si parla di Sindrome del bambino scosso.

Questa sindrome è più frequente di quanto ci si possa immaginare e non è da ricondursi solo a casi di violenza domestica: spesso, le circostanze in cui un bambino viene scosso includono un bimbo (normalmente sotto l’anno) che piange insistentemente e un “caregiver” (quindi la persona che in quel momento si occupa del bambino – mamma, papà, nonni, zii, fratelli, maestre, etc.) stanco e frustrato dalla situazione che, in un momento di esasperazione, scuote avanti e indietro il bambino per farlo smettere.

Perché lo scuotimento è così pericoloso per i neonati e i bambini molto piccoli, specialmente dagli 0 ai 6 mesi? Come sappiamo, nelle prime settimane di vita i bimbi non sono in grado di reggere la propria testa (un po’ perché in proporzione al resto del corpo è la parte più grande e pesante, un po’ perché i muscoli del collo sono ancora molto deboli) che quindi – in seguito a una scossa – si muove avanti e indietro in maniera quasi incontrollata, in modo da causare potenziali danni al cervello, che nei piccolissimi è ancora fragile e sottosviluppato.

Infatti, quando alla testa viene applicata una forza di accelerazione e decelerazione, come accade quando scuotiamo qualcosa, rischiamo di lacerare le vene dello spazio subdurale (uno degli spazi compresi tra il cranio e l’encefalo) causando così un trauma cranico diffuso, contusioni ed edema.

L’American Academy of Pediatrics descrive la Sindrome del bambino scosso come una potenziale causa di morte nei piccoli o di disabilità neurologica permanente; negli Stati Uniti (dove i casi accertati di bambini scossi sono più o meno 1300 all’anno) circa il 25% dei bambini  con questa sindrome muore mentre l’80% circa rimarrà disabile a vita, a causa dei danni neurologici.

Questi danni, se non fatali, possono avere moltissime conseguenze gravi che rischiano di accompagnare il bambino per tutta la vita: tra le più comuni troviamo difficoltà nell’apprendimento, disabilità fisica, cecità o problemi della vista, problemi d’udito, difficoltà nel linguaggio, crisi epilettiche, disturbi del comportamento, handicap cognitivi, paralisi cerebrali.

Se un bambino è stato scosso, indipendentemente da quelle che potrebbero essere le conseguenze a lungo termine di questo gesto, può manifestare dei sintomi, importante campanelli d’allarme per capire che dobbiamo portare subito il bimbo al pronto soccorso; tra questi sintomi troviamo:

  • letargia
  • rilassamento muscolare
  • estrema irritabilità
  • inappetenza o vomito
  • il bambino non sorride e non emette suoni
  • rigidità
  • difficoltà respiratorie
  • stato di incoscienza o di semi incoscienza
  • crisi epilettiche
  • la testa o la fronte appaiono più grandi del normale
  • incapacità di sollevare la testa
  • incapacità di mettere a fuoco gli oggetti o di seguire un oggetto con lo sguardo
  • dimensione delle pupille diverse fra loro

Bisogna poi prestare particolare attenzione a non confondere la Sindrome del bambino scosso (e lo scuotimento del bambino in generale) con altre azioni: giocare con un bambino lanciandolo in aria o cadute accidentali da divani / sedie / letti sono di certo sconsigliate e da evitare, ma non rappresentano un rischio di SBS.

E’ chiaro che l’unica maniera per evitare questa sindrome è non scuotere il bambino: un avvertimento che pare scontato e facile, ma quando la stanchezza prende il sopravvento (soprattutto in un periodo delicato a livello emotivo, fisico e psicologico come quello successivo alla nascita di un bambino), non sempre siamo del tutto “lucidi” e uno scatto d’ira può capitare a chiunque.

Sapere che le conseguenze dello scuotimento possono essere estremamente gravi, fino ad arrivare alla morte, ci aiuta a renderci conto che anche dei movimenti che possono sembrare di poco conto per un adulto rischiano di avere serie ripercussioni sul corpo di un bambino (ricordiamoci che siamo immensamente più grandi, più forti e più pesanti di loro).

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Nei momenti di tensione è quindi valido il consiglio di sempre: fare un respiro profondo e calmarsi, ricordandosi che è normale che un bambino pianga e che, presto o tardi, col vostro aiuto anche lui riuscirà a rilassarsi e a diventare meno nervoso.

Nelle prime settimane di vita è normale che i piccoli piangano per circa 3 ore al giorno, talvolta anche di più, e le cause possono essere diverse: coliche, stanchezza, irritabilità, bisogno di contatto, fame, sete, paura…

In queste situazioni, in cui il piccolo non può dirci chiaramente cosa gli succede e quando i genitori non hanno ancora imparato a conoscere a fondo le sue dinamiche, spesso la mamma e il papà per capire quale sia il suo bisogno devono “tirare a indovinare”, e prima di riuscirci passano magari per parecchi tentativi (inutili).

In linea generale tenere un bambino in braccio, magari con contatto pelle a pelle, e coccolarlo aiuta parecchio: come avevamo scritto anche in un nostro precedente articolo, i bambini che vengono tenuti in braccio a lungo tendenzialmente piangono meno rispetto a quelli che vengono tenuti in braccio raramente.

Il tenere in braccio però non diventa automaticamente garanzia di un bambino che non piange: per questo, se lo abbiamo in braccio, siamo stanchi e notiamo che il suo pianto incessante ci sta facendo diventare nervosi, è meglio – se possibile – chiedere a chi è con noi in quel momento (partner, amici, genitori) di tenere il bambino per qualche minuto, in modo tale da riprendere fiato e ritrovare la calma.

Se ci dovessimo trovare in casa da soli, è preferibile – se il bambino piange senza sosta e sentiamo di star perdendo la calma – lasciarlo al sicuro nella sua culla e prenderci qualche minuto per respirare e tranquillizzarci prima di riprenderlo in braccio.

Molto spesso, dare il seno a un bambino che piange aiuta a calmarlo e a rilassarlo, oltre a placare un’eventuale sensazione di fame, di sete, di paura o il bisogno di contatto.

Nello stato di New York, nei reparti maternità, il personale medico è obbligato per legge a mettere a disposizione di tutti i neogenitori un video informativo (da guardare prima di lasciare l’ospedale) per saperne di più sulla Sindrome del bambino scosso.

In Italia non siamo al corrente di simili obblighi di legge, ma è un tema molto importante su cui è bene che ogni genitore sia adeguatamente informato.

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Etichettato con: sbs, sindrome del bambino scosso
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