Baby parking: cos’è, come funziona e quanto costa il servizio di custodia dei bambini

I nonni non ci sono, papà non riesce a tornare in tempo dal lavoro e i bimbi non sono ancora abbastanza grandi da poter badare da soli a se stessi, ma avete appuntamento dal medico e preferite evitare di portarli con voi (a rischiare di prendere tutti i virus che ci sono in giro): che fare?
E’ solo un esempio, come ce ne possono essere tanti altri, di quelle situazioni in cui sarebbe meglio avere un punto di appoggio a cui affidare i figli per poter fare altro, con la tranquillità di sapere che sono in un posto tranquillo, sicuro e in cui magari si stanno anche divertendo. Un baby parking, insomma.
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Il termine può non sembrare bellissimo, specialmente nella sua traduzione letterale italiana che suona come “parcheggio per bambini”, ma spiega molto di come funziona.
Il baby parking è infatti un “servizio di custodia oraria” dedicato ai bambini dai 13 mesi ai 6 anni: lì i piccoli vengono seguiti da educatori professionisti per tutto il tempo che serve. In alcune zone, come in Piemonte, c’è anche un limite orario massimo fissato per legge in 5 ore, in altre c’è maggiore libertà: la sostanza, comunque, è sempre molto simile.
La differenza rispetto all’asilo nido, cui comunque il baby parking somiglia (al punto che alcuni asili nido offrono anche il servizio di baby parking), è che non bisogna iscriversi per accedere e si può entrare e uscire in qualunque momento.
Il tutto, naturalmente, compatibilmente con gli orari di apertura che però in certe esperienze cominciano a essere particolarmente lunghi: al centro comunale CAM di via Lampugnano a Milano c’è un baby parking notturno (seppure un po’ atipico, perché si rivolge anche i più grandi) aperto dalle 20 alle 23.
I baby parking si pagano a ore, anche se per maggiore comodità alcuni di essi mettono a disposizione dei genitori delle formule in abbonamento oppure dei pacchetti prepagati da consumare di volta in volta in base alle proprie necessità.
I prezzi dei baby parking sono comunque ridotti e molto competitvi rispetto a quelli dell’alternativa, che spesso è rappresentata dalla baby sitter: andiamo dai 5 ai 10 € all’ora, anche per gli utilizzi occasionali (mentre per i più assidui ci sono formule ancora più vantaggiose).
Dentro a un baby parking i bambini non sono lasciati a se stessi, come potrebbero essere in un parco pubblico o negli spazi gioco che si trovano nei centri commerciali: un baby parking, infatti, non è il classico castello con scivoli e palline colorate, ma una struttura gestita da professionisti dove vengono organizzate anche attività e laboratori creativi.
Alcuni baby parking organizzano corsi di lingue straniere, altri offrono il servizio di baby taxi (che si occupa di andare a prenderli e riportarli a casa all’orario convenuto) oppure danno la possibilità di ospitare feste.
Nei baby parking, però, non si possono cucinare e distribuire pasti per i bambini, e devono avere una serie di requisiti per ottenere la licenza.
Non c’è una normativa specifica per i baby parking in Italia: la materia è affidata alle Regioni, quindi è possibile che ci siano delle differenze da zona a zona, ma quello che non può mancare è la presenza contemporanea di almeno due operatori in possesso dell’attestato di formazione professionale per attività socio-educative.
Al di là di tutta la parte burocratica (partita IVA, registro imprese e quant’altro, che interessa a chi vuole aprire un baby parking), a tutela delle famiglie e dei bambini la struttura deve aver stipulato una polizza assicurativa e ottenuto un certificato di prevenzione incendi dai Vigili del Fuoco.
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Ancora, tutti gli operatori devono presentare il proprio certificato penale e ci sono dei requisiti sanitari da rispettare: uno spogliatoio per i giubbotti all’ingresso, una zona gioco ben separata dai servizi igienici, la presenza di locali privati per il personale, l’assenza di barriere architettoniche per i portatori di handicap: questi requisiti devono essere verificati dall’ASL.
Su alcuni aspetti, invece, non si trovano ancora indicazioni di linee guida precise: per esempio, i baby parking sono assimilabili agli asili e quindi anche lì è previsto l’obbligo vaccinale? Al riguardo, nel momento in cui scriviamo, non sono ancora emerse risposte specifiche.
Nel nostro Paese i baby parking non sono ancora molto diffusi, ma cominciano a comparire soprattutto all’interno (o nelle vicinanze) delle grandi aziende e nelle città come Roma, la già citata Milano, Firenze, Bologna…
All’avanguardia da questo punto di vista ci sono però soprattutto Torino e il Piemonte, unica Regione ad aver prodotto una deliberazione dedicata alla materia nel 2013: non è un caso che lì ci siano anche diversi esempi di baby parking ben funzionanti e molto spesso apprezzati anche dalle famiglie.
Un esempio positivo che dimostra come ormai la strada sia tracciata nell’ottica di offrire alle famiglie anche quest’altra possibilità di custodia, divertimento e crescita per il bambino: speriamo che presto altre Regioni intervengano sulla materia regolamentandola, a maggiore tutela di tutti.
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