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19 Settembre 2018 Il team di ProntoPannolino Consigli, Interviste

Terrible Twos: perché i bambini diventano “difficili” e cosa devono fare i genitori? Ce lo spiega la dott.ssa Elisa Mariani!

Verso i 18 / 24 mesi i bambini cominciano a manifestare alcuni cambiamenti che non sempre i genitori sanno come affrontare: se da una parte possono iniziare a svegliarsi meno di frequente, chiedere meno il seno ed essere capaci di esprimersi sempre meglio anche con il linguaggio, dall’altra iniziano tutta una serie di comportamenti a volte difficili da gestire.

I piccoli sono più testardi, il “no” diventa la loro parola preferita, i capricci sono all’ordine del giorno, anche il più piccolo pretesto può provocare una crisi di rabbia… Quando questo accade è perché i bimbi sono entrati nella fase dei “Terrible Twos” (i “terribili due anni”).

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Questa fase della crescita e dello sviluppo è infatti così nota da essersi guadagnata addirittura un nome che è già un “presagio” di ciò che che caratterizza questa tappa vitale: ma perché i Terrible Twos sono così terribili? Cosa provoca questi cambiamenti nel comportamento dei piccoli? E come devono reagire i genitori?

Per saperne di più abbiamo intervistato la dott.ssa Elisa Mariani, pedagogista a sostegno della genitorialità presso il Centro Il Melograno di Vimercate (MB).

Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Elisa (passiamo a darci del tu?), puoi presentarti per i nostri lettori?

Ciao a tutti! Mi chiamo Elisa Mariani e sono una Pedagogista mamma di tre figli di 3, 6 e 14 anni grazie ai quali la mia professionalità ha trovato negli anni una nuova dimensione.

Infatti la mia quotidiana esperienza di mamma mi stimola ogni giorno a coniugare la strada indicata dalle diverse teorie ed esperienze pedagogiche, spesso illuminanti e stimolanti, con la vita reale, quella di tutti i giorni, nella quale ci confrontiamo con impegni, relazioni, ruoli, aspettative, ambivalenze, stanchezza, e soprattutto con l’unicità dei nostri bambini.

Per questo nel mio lavoro di Consulenza pedagogica a sostegno della genitorialità difficilmente dò consigli, piuttosto supporto i genitori e figli a riconoscere, valorizzare e restituire le risorse già presenti per definire insieme nuove modalità educative e relazionali, possibili e realmente praticabili.

2. Qual è il periodo dei Terrible Twos?

Il periodo dei Terrible Twos è quella fase della crescita di un bambino che va dai 18 mesi ai 3 anni circa.

3. Perché è una tappa molto delicata nella crescita dei piccoli? Cosa cambia a livello emotivo?

Proprio verso i 18 mesi ha inizio un’importante tappa evolutiva nella vita del bambino, durante questa fase si mettono le basi per il raggiungimento della propria indipendenza e autonomia.

Fino a quest’età il bambino si percepisce in stretta simbiosi con la mamma, si sente al centro del mondo e ha un vissuto di “onnipotenza”; dai 18 mesi in avanti inizia però a percepire di avere dei limiti e che solo considerando questi limiti può risolvere i suoi piccoli grandi problemi.

Questo significa due cose:

  1. inizierà a sentire e sperimentare uno sgradevole senso di frustrazione, al quale si ribellerà e cercherà di sfuggire
  2. avrà spesso bisogno di sentirsi libero di ritornare alla sua base sicura, e cioè dalla mamma, per assicurarsi e verificare che lei continui ad essere disponibile con il suo amore. Questa è una fase fondamentale per il suo sviluppo futuro perché si mettono le basi per la fiducia di essere accolti e protetti nei momenti di bisogno.

Infine, questa è una fase in cui il bambino inizia a discriminare le emozioni e a identificarle anche verbalmente, è importante quindi che i genitori permettano al bambino di manifestarle, accogliendole e legittimandole.

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4. Quali sono comportamenti tipici di questa fase della crescita?

Chi ha bambini di questa età lo sa molto bene: è l’età dell’opposizione, dei “no”, dei capricci e delle scenate magistrali ogni volta che non riescono a gestire un limite (percepito o imposto dall’esterno).

Sono comportamenti che molto spesso spiazzano e mettono in difficoltà i genitori che si sentono disorientati, imbarazzati, impotenti e in balia dei loro piccoli.

6. Cosa vogliono esprimere i bimbi attraverso questi comportamenti?

Il bambino in questo periodo vive una fase molto delicata: scopre di essere separato e diverso dalla madre, di avere personalità e bisogni propri; si tratta ancora di una percezione, lontana dalla consapevolezza ed è come se avesse capito che non è la mamma ma, allo stesso tempo, non sa ancora chi è lui stesso.

I suoi “no” diventano quindi un modo per autoaffermarsi: è come se stesse iniziando a definire la propria personalità mettendo in chiaro che sicuramente lui è diverso e separato dalla mamma; poi, per il resto della vita, continuerà a scoprire e decidere chi è lui stesso.

7. Qual è il modo migliore di gestire le crisi di rabbia, i pianti e i capricci?

Sarebbe bello avere la formula segreta per risolvere tutte queste situazioni, vero? Purtroppo lo sappiamo bene, non esiste. Possiamo però avere delle linee guida che ci aiutano ad orientarci:

  • empatia e accoglienza delle emozioni: se parliamo di rabbia il punto di partenza è far capire al bambino che sentiamo la sua rabbia, la capiamo e quindi gli passiamo il messaggio che sentire rabbia va bene, che lui non è sbagliato quando si arrabbia (la rabbia è una delle 5 emozioni di base ed ha una funzione protettiva e vitale);
  • questo ovviamente non significa che allora può picchiare e/o essere distruttivo: il nostro ruolo è proprio quello di accompagnare nel tempo il bambino a divenire consapevole della sua rabbia, nominarla, legittimarla e suggerire modalità innocue per esprimerla e sfogarla.

Quando però è in piena crisi di collera l’unica cosa che possiamo fare e aspettare che passi, facendolo sentire al sicuro. Spesso cerchiamo di calmarlo o di “farlo ragionare”. Durante la crisi di rabbia però è come se il bambino fosse incontattabile, ed è lui il primo ad essere spaventato da quella potente energia che lo sta attraversando.

Allora dobbiamo cercare di mantenere la calma (altrimenti la sua rabbia sarebbe alimentata anche dalla nostra), portarlo in un luogo un po’ riparato dagli sguardi magari giudicanti delle altre persone (questo serve più a noi) e concedergli del tempo per far esaurire questa potente energia.

A volte può servire un abbraccio contenitivo, una carezza o semplicemente la nostra presenza per far capire al bambino che siamo con lui e quella crisi non ci spaventa (e quindi anche lui può non essere spaventato): questo la farà passare prima.

Per quanto riguarda i capricci il discorso è molto lungo e complesso, dobbiamo sempre ricordarci però che il motivo che li scatena è solo il pretesto, con i capricci il bambino ci sta dicendo molto altro.

La cosa da ricordare però è di non assecondarli, perché altrimenti quella diventerà la strategia abituale del bambino per ottenere ciò che vuole.

8. Cosa fare se il bambino diventa violento verso sé stesso, verso i genitori che cercano di calmarlo o verso gli altri?

In questi casi bisogna essere fermi e decisi e interrompere il comportamento violento.

Se il bambino si sfoga contro genitori, potrebbe all’inizio bastare una frase come “Non ti permetto di picchiarmi” pronunciata con un tono fermo e deciso; allo stesso tempo possiamo allontanarlo da noi come segnale di un confine che non può permettersi di superare.

Se però il bambino ha perso un po’ il controllo, possiamo provare ad abbracciarlo in modo contenitivo, in modo che lui percepisca un messaggio simile a questo: “prendo io la tua rabbia, perché io sono in grado di non farmi invadere da lei”; all’inizio il nostro bimbo non accetterà il nostro contenimento, poi piano piano si lascerà andare.

Se il nostro piccolo invece se la prende con un altro bambino, bisogna separarli, allontanarli e se possibile cambiare anche ambiente, dicendo al bambino che può essere arrabbiato, ma non può picchiare il suo amico.

Ricordiamoci sempre che i bambini possono litigare o essere in conflitto tra di loro, non è vero che “sono bravi” solo se vanno sempre d’accordo con tutti; piuttosto è bene aiutarli da subito a gestire i conflitti perché – come ben sappiamo – crescendo questi saranno all’ordine del giorno.

Infine, se il bambino se la prende con se stesso facendosi realmente male, dobbiamo bloccarlo dicendogli ad esempio “Non voglio che ti fai del male” , prendiamolo in braccio e allontaniamoci momentaneamente dalla situazione che ha scatenato la sua rabbia/frustrazione finché non si sarà calmato.

9. Quali sono gli errori da non fare che spesso i genitori commettono in buona fede?

Molti genitori sono spaventati da queste forti espressioni emotive dei bambini, e spesso ne vengono sopraffatti, rinunciando così al proprio ruolo genitoriale.

Diciamocelo: è davvero faticoso e snervante crescere un bambino di questa età e non sempre è facile riuscire a tollerare le loro scenate, le urla e i capricci, allora a volte si cede e si asseconda il capriccio.

In questo modo però ci depotenziamo perché diventiamo incoerenti tra quello che abbiamo detto e quello che poi effettivamente facciamo; a volte poi mamma e papà si “dimenticano” di essere alleati e si screditano a vicenda, creando così un varco nella solidità del loro ruolo in cui il bimbo si infila a meraviglia mettendoli poi in seria difficoltà.

Capita anche a volte che i genitori seguano una falsa credenza, cioè che voler bene a un bambino significhi fare in modo che sia sempre felice, non farlo piangere mai, non fargli fare mai fatica, etc.: in questo modo però si corre il rischio di non allenarlo alla vita che, fuori dalla sua “casa dorata”, dovrà affrontare ogni giorno.

10. E’ giusto dire di “no” ai bambini o bisogna trovare modi alternativi per evitare che adottino certi comportamenti?

Come abbiamo già detto, questa è la fase in cui i bambini iniziano ad avere a che fare con l’esperienza del limite; si accorgono e sperimentano di non essere onnipotenti e ciò li fa crescere.

I “no” dei genitori rappresentano una guida, degli argini entro i quali si possono muovere in libertà. I divieti e le regole fanno sentire i bambini sicuri, protetti e sereni, perché hanno ben chiaro ciò che possono e non possono fare e perché si sentono affidati a persone adulte e solide.

I “no” aiutano poi i bambini a entrare in contatto con l’esperienza della frustrazione, una sensazione sgradevole ma con la quale devono imparare a fare i conti. Se la sperimentano anche da piccoli possono scoprire che, per quanto sgradevole, la si può affrontare e gestire.

11. Come spiegare a bambini così piccoli il motivo delle nostre decisioni (perché gli vietiamo di fare qualcosa)?

I bambini così piccoli hanno bisogno soprattutto di percepire la solidità e la sicurezza di mamma e papà: più sono convinti della bontà e legittimità del loro “no”, più i bambini li accettano.
Prima di decidere un divieto è importante che mamma e papà si chiedano il perché di quella decisione, che senso ha e a chi serve. Allora sarà più facile per loro trovare le parole per dirlo ai bambini.

In secondo luogo, per il bambino è fondamentale sentirsi ascoltato e compreso nelle sue richieste; non ha bisogno di lunghi discorsi o spiegazioni.

Bastano pochissime parole, semplici, concrete e coerenti con il nostro comportamento, che gli facciano capire che mamma e papà hanno compreso la sua richiesta o il suo bisogno, ma che in quel momento non è possibile soddisfarlo.

Avere un sistema di regole familiari a cui fare riferimento può aiutare a dare senso al divieto e a comunicarlo con semplicità e senza spazi di contrattazione (a questa ci penseremo nella preadolescenza ;)). Quindi, ad esempio, se un bambino sotto i tre anni ci chiede un dolce prima di cena possiamo semplicemente rispondere “So che hai proprio voglia di questa caramella, ma ti ricordi la nostra regola? Non si mangiano caramelle prima di cena”. Se il bambino è più grande possiamo aggiungere il motivo, e cioè “altrimenti avrai meno fame quando saremo a tavola”.

12. C’è qualcosa che non ti abbiamo chiesto e che vorresti dire riguardo ai Terrible Two?

Una cosa che è sempre bene tenere presente con bambini di questa età è che certi comportamenti, pur faticosi e snervanti, rappresentano una normale e sana fase nella loro vita e sarebbe più preoccupante se un bambino non manifestasse questa opposizione.

Anzi, la capacità di dire “no” andrebbe ogni tanto “valorizzata” dicendo ai bambini che sono proprio bravi a dire “no”: questo li può proteggere da abusi futuri, perché così facendo diamo il permesso ai bambini di esprimere il proprio dissenso verso coloro che non li rispettano.

Infine, la fatica di questo periodo è accentuata dalle nostre aspettative: non aspettiamoci che i bambini siano subito e sempre ubbidienti, ordinati ed educati: loro fanno il loro lavoro, noi genitori però dobbiamo fare il nostro.

Grazie Elisa per queste preziose informazioni!

I Terrible Twos possono essere un periodo molto stancante per i genitori, ma anche un’ottima occasione per aiutare i nostri bambini ad essere ragazzi e adulti autonomi ed indipendenti.

Seguire i consigli che ha dato Elisa potrebbe essere difficile all’inizio quando le prime scenate di rabbia o i primi capricci ci sorprendono a tal punto che, anche per noi, è difficile contenere la frustrazione.

Come per tutte le cose, però, basta un po’ di pratica: riuscire a calmare i piccoli e a fargli capire che siamo accanto a loro e che possono sfogare la loro rabbia in modi costruttivi e non distruttivi diventerà facile anche per noi.

Per chi volesse conoscere più da vicino Elisa, ecco la sua scheda personale sul sito del Centro Il Melograno: chi abita nei dintorni di Vimercate (MB) può trovarla presso questa associazione!

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